venerdì 20 marzo 2009

LA RELAZIONE DEL PROF. UMBERTO BERARDO SCRITTORE MOLISANO intervenuto all'incontro

L’immagine di commercio alla quale pensiamo per il Molise
2009-03-17 01:19:34 di UMBERTO BERARDO

Diremo subito che l’incontro promosso da Commercio Attivo può avere secondo noi un ruolo importante su una questione che riveste grande importanza per le popolazioni molisane; siamo sicuri pertanto che tutti al riguardo vogliano assumere un atteggiamento propositivo per il bene dei Molisani.
Discutendo di commercio, l’errore più grave, secondo noi, è quello di vederlo come un’attività finalizzata esclusivamente al business ed alla massimizzazione del profitto. E tuttavia crediamo che sia proprio una tale concezione distorta a determinare sovente scelte relative al settore che non lo collegano alla qualità della vita delle popolazioni del territorio su cui insiste. Diciamo subito che in questa attività chi tende solo ad un profitto elevato penalizza il cliente, ma chi mira alla massimizzazione dei tempi di lavoro schiavizza gli operatori.Se il commercio, invece, viene visto come un servizio funzionale al miglioramento ottimale delle condizioni di vita degli esercenti e dei consumatori, allora è chiaro che le scelte in merito diventano funzionali ad esigenze reali e non fittizie di quanti beneficiano direttamente o indirettamente di tale forma di occupazione. Vediamo allora come fin qui nel Molise il commercio è stato immaginato nel tempo e quanto è stato fatto sul piano politico ed amministrativo per renderlo adeguato agl’interessi dell’intera popolazione della regione.Proviamo allora a chiarire tale quadro.Fino alla legge regionale n. 33 del 1999 diciamo subito che il commercio era stato lasciato pressoché alla deriva non solo nelle attività in sede fissa, ma soprattutto per quelle di tipo ambulante.In quell’anno si provò a stabilire un qualche regolamento, ma tutto avvenne con una liberalizzazione indiscriminata e costi molto pesanti in termini di aumento di tassazione locale e nazionale.L’arrivo della grande distribuzione, la presenza dell’abusivismo e gli studi di settore con l’aumento degli adeguamenti previsti ultimamente hanno rappresentato una forte precarizzazione degli introiti soprattutto per le piccole aziende e le ditte individuali.La crisi economica e la forte contrazione conseguente del potere di acquisto della stragrande maggioranza della popolazione molisana ha fatto il resto ed oggi il commercio vive davvero una situazione di crollo gravissimo.Dei servizi commerciali nella nostra regione ci siamo occupati in diverse occasioni ed in particolare due studi da noi condotti sono presenti su un nostro volume appena uscito, che sarà presentato qui a Campobasso il 7 maggio nella sala Celestino V e che già da metà aprile sarà in vendita in tutte le librerie.In queste analisi abbiamo cercato di riflettere sulla condizione del commercio nel Molise e di individuare strade possibili per un’organizzazione del settore che cerchi di renderlo adeguato alle esigenze degli operatori e dell’utenza.Ad esse eventualmente rimandiamo per un approfondimento più analitico sul tema di cui ci stiamo occupando.In sintesi, dunque, cercheremo per linee generali di analizzare il tema posto all’attenzione ed al confronto certamente con un taglio di carattere economico, ma anche da un angolo di osservazione che più semplicemente è quello del cittadino.Fino ad alcuni anni fa la rete distributiva del commercio al dettaglio nel Molise era costituita da piccole e medie aziende, per lo più a livello familiare, che riuscivano a dare redditi dignitosi sia nelle città che nei piccoli centri; poi una liberalizzazione selvaggia nel rilascio delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività commerciale e nei sistemi di svolgimento della stessa ha portato ad un sovvertimento totale del sistema.In tale direzione sia la legislazione nazionale che quella regionale hanno letteralmente copiato il neoliberismo nordamericano favorendo un capitalismo senza alcun rispetto delle tradizioni locali, ma soprattutto incapace di garantire un minimo di esistenza ai piccoli operatori, strozzati dalle imposte e da imprenditori sicuramente più facoltosi. Oggi la spinta competitiva della grande distribuzione sta comprimendo sempre più la capacità di espansione del tessuto delle piccole e medie imprese, molte delle quali, non potendo più reggere la concorrenza, stanno progressivamente venendo meno sia nei capoluoghi di provincia che nei centri abitativi sparsi sul territorio.Se ci chiedete poi quale vantaggio economico reale rispetto al passato abbia portato la presenza della grande distribuzione, francamente le perplessità che già avevamo anni fa stanno crescendo.Di fronte alla crisi in atto anche nel settore dei servizi sicuramente la cosa che appare più impellente è quella di condurre uno studio analitico e diffuso di verifica sulle trasformazioni del sistema commerciale nel Molise e sulla sostenibilità tra piccole, medie e grandi imprese , soprattutto dopo l’approvazione della legge n. 33 del 1999, rispetto alla quale si procede ora ad una modifica della stessa con la legge n. 135 presentata l’11 novembre 2008.In sintesi si affida alla giunta regionale la decisione sulla presenza e lo sviluppo delle grandi strutture di vendita, si unifica il territorio regionale rispetto alla compatibilità per le stesse, eliminando le distinzioni della precedente normativa, si tende ad un’estensione degli orari e delle giornate di vendita, aprendo ad una liberalizzazione totale del settore.Rispetto a tale nuova normativa le valutazioni delle associazioni di categoria sono alquanto articolate, ma sostanzialmente si va da posizioni possibiliste, sia pure con variazioni, ad altre invece che esprimono perplessità e contrarietà.Abbiamo letto con attenzione la proposta di legge e cerchiamo di comunicarvi le considerazioni immediate, che ovviamente, come nel nostro stile, non sono convinzioni blindate, ma riflessioni aperte al confronto ed a soluzioni ci auguriamo rispettose dei diritti degl’imprenditori e dei lavoratori, ma anche delle necessità degli utenti.Non si può non convenire su taluni interventi previsti ad esempio nell’art. 3 della legge n. 135 e riguardanti opere intese ad agevolare il commercio nei centri storici, così come ci pare utile la prevista costituzione dei cosiddetti centri commerciali naturali come sistemi di esercizi commerciali coordinati ed integrati tra di loro.Anche le disposizioni dell’art. 4, come i recenti provvedimenti di Giunta in favore degli esercizi commerciali dei centri storici e dei Comuni minori e montani, sono sicuramente da sottoscrivere, anche se appaiono tardivi dopo che in regione il commercio dei piccoli esercizi è stato per anni penalizzato al punto che in diversi settori merceologici sta quasi sparendo. Utile, anche se da organizzare in maniera più partecipata, è un osservatorio regionale permanente sul commercio.Vorremmo invece sollecitare più attenzione ad un tipo particolare di commercio che è quello equo e solidale e di cui nella legge 135 non abbiamo trovato traccia.L’articolo 5, che sostituisce l’art. 14 della legge n. 33 del 99, regolamenta gli orari di apertura degli esercizi al dettaglio in sede fissa. Senza alcuna distinzione tra le aree commerciali e penalizzando perciò i piccoli esercizi ed in ogni caso tutti i lavoratori, si prevede un’apertura possibile attribuita ai Comuni di tredici ore giornaliere ed una deroga all’obbligo di chiusura domenicale di 32 giorni comprese le domeniche e le festività del mese di dicembre più ulteriori 3 domeniche per esigenze locali e 8 non contemplate nell’articolo, ma previste nel decreto legislativo 114/98 e quindi utilizzabili dai Comuni.Questo obiettivamente finirà per avvantaggiare la grande distribuzione spostando ancora di più alla domenica ulteriori potenziali acquirenti dai piccoli paesi verso la città ed i centri commerciali.Ma il problema non è solo questo.Tale tipo di liberalizzazione, come abbiamo avuto modo già di sottolineare in altra sede, recherà forse qualche vantaggio temporaneo e fittizio ai consumatori, ma, non facciamoci illusioni, perché in parte già lo stiamo verificando, una volta costituiti i trust su tutto il territorio ed eliminata la concorrenza, i prezzi nella grande distribuzione saranno portati in alto per massimizzare i profitti.Sul piano economico noi crediamo che la rivitalizzazione del commercio si possa e si debba fare anzitutto superando l’attuale crisi economica e ridando ai cittadini molisani quel potere di acquisto che oggi non hanno più, vuoi per redditi davvero troppo bassi vuoi per le paure psicologiche reali o indotte sul futuro.Il commercio ancora si rivitalizza con processi organizzativi che lo portino a strutture consortili e sistemi di marketing in grado di costruire una rete dove la concorrenza possa essere giocata su qualità e servizi ottimali.Pensare, dal nostro punto di vista, che la liberalizzazione di orari e giornate possa dare soluzione adeguata alla crisi del settore è davvero un’illusione. D’altronde sappiamo che regioni con più alta densità abitativa della nostra hanno fissato un’apertura oraria e festiva molto più ridotta di quella che si vorrebbe adottare in Molise.Vorremmo però ora fermarci sulla liberalizzazione avanzata delle attività commerciali nella regione, sul concetto di lavoro festivo e sulla sua conciliazione con i tempi di vita e la crisi economica.Intanto quest’ultima si supera a livello mondiale, nazionale e locale con provvedimenti strutturali che affrontino le radici finanziarie ed economiche della stessa e questa sarà sicuramente la soluzione anche ai problemi del commercio, che potrà ripartire solo se sosterremo la domanda.Fondamentale ci appare l’innovazione tra gli operatori commerciali esistenti, promuovendo anche forme di cooperazione tra i vari attori al fine di migliorare la vivibilità e l’attrazione dei centri storici.Dobbiamo poi prendere coscienza del fatto che la liberalizzazione totale degli esercizi commerciali ha evidentemente penalizzato soprattutto i piccoli esercenti in sede fissa o in attività ambulante che si sono trovati di fronte alla concorrenza insostenibile della grande distribuzione e spesso anche del lavoro sommerso o abusivo e perciò sleale.Se qualcuno non se n’è accorto, facciamo rilevare che in regione, oltre alla chiusura di tanti
negozi, si assiste ad una contrazione sempre più massiccia di un servizio commerciale qual era quello delle fiere e dei mercati, che, come abbiamo sottolineato in un nostro studio, rappresentano oltretutto manifestazioni legate alla cultura, alle tradizioni ed ai costumi delle popolazioni molisane. Far morire queste attività significa a catena danneggiare un altro settore importante dell’economia regionale come il turismo.Noi crediamo che, al di là degli annunci più volte ripetuti come specchietti per le allodole, l’unica categoria per la quale è stata realizzata interamente la liberalizzazione è soltanto il settore del commercio con uno strabismo o se preferite una miopia della classe politica che pretende di liberalizzare le attività economiche solo per talune categorie, evitando che lo stesso approccio normativo coinvolga soprattutto soggetti legati ad attività economiche che in questa società godono ancora di coperture e privilegi inauditi e che operano quasi a livello di monopolio. Pensiamo in questo momento ai farmacisti, ai notai, a professioni legate a taluni settori della medicina e potremmo andare avanti con le esemplificazioni, perché l’elenco che nessuno vuole scorrere è davvero molto lungo.Vedete, la capacità di dare razionalità alle professioni e di normarle a vantaggio di tutti non è solo il modo di offrire all’utenza servizi meno cari e più efficienti, ma anche la maniera di redistribuire più equamente lavoro e ricchezza, eliminando privilegi scandalosi e dando a tanti giovani l’opportunità di un inserimento più agevole nel mondo del lavoro; in tal modo rimuoveremo l’iniquità di attività economiche protette e di altre scoperte ed indifese.Oltretutto diciamo con grande chiarezza che siamo in generale contrari ad un’estensione irrazionale degli orari e dei giorni di vendita per ragioni legate al rispetto di un tempo qualitativo della vita che non si riduca come vedremo a solo consumo, ma non riusciamo davvero proprio a capire perché ancora una volta si pensi ad un tale tipo di regolamentazione solo per le attività commerciali e non allo stesso modo per altre, legate ad esempio alla libera professione.È chiaro a tutti che l’allargamento dell’orario di vendita alla domenica ed a taluni altri giorni festivi continuerà nella linea dei provvedimenti amministrativi che favoriscono la grande distribuzione, penalizzando le piccole imprese non solo all’interno della città, ma soprattutto nei piccoli borghi in cui l’utenza si rivolgerà proprio la domenica verso i grandi centri commerciali.Sarà l’ennesima spallata per demolire quel poco che è rimasto nel settore dei servizi delle aree interne con problemi molto pesanti soprattutto per le fasce di popolazione meno protette come gli anziani, i malati o i diversamente abili.Se in tal modo daremo il colpo di grazia ai servizi commerciali nei piccoli Comuni, è evidente che contribuiremo ad accelerare in maniera pesante la frana demografica nelle aree interne.Su tale questione ci piacerebbe capire la logica che ispira gli stessi amministratori regionali che nella legge in favore dei piccoli Comuni sostengono di voler aiutare la nascita di piccole imprese commerciali nei paesi delle aree interne, mentre in questo progetto di legge di regolamentazione e liberalizzazione del commercio assumono provvedimenti che porteranno alla chiusura le stesse imprese già esistenti.Avviandoci alla conclusione, cerchiamo ora di riflettere sul rapporto tra i tempi di lavoro e quelli della vita.Spesso commettiamo l’errore di pensare a certe attività e di legarle non ad un tempo ricco di aspetti qualitativi, ma ad uno che interessi unicamente la produzione ed il business.In quest’ottica siamo stati capaci di togliere perfino il tempo al riposo notturno per dedicarlo all’intrattenimento vuoto, all’alcool ed alla droga e nessuno ha avuto o ha il coraggio di riconvertire un tale tempo vissuto spesso irrazionalmente ed anche pericolosamente per tornare a dargli un senso senza pensare solo agli affari.Se si prova, come è avvenuto anche da noi a Termoli, a regolamentare, persino solo negli orari, l’attività di una discoteca, si grida allo scandalo perché si dice che una tale linea blocca il turismo dei weekend o quello estivo.Se non stiamo attenti, con la liberalizzazione degli orari commerciali anche nelle domeniche, toglieremo a lavoratori ed utenti una parte importante di quel tempo libero dal lavoro e dagli impegni legati agli affari; un tempo libero che a nostro avviso dovrebbe aumentare per dare a tutti una qualità della vita dedicata agli aspetti spirituali, culturali, artistici, sportivi, ma anche alle relazioni sociali fondamentali dell’esistenza di ognuno che sono l’educazione dei figli, la coltivazione dell’amicizia, l’educazione personale permanente e la fruizione di momenti di evasione insieme alle persone che si amano.Come vedete non escludiamo un tempo per il lavoro, che è parte fondamentale della vita, ma crediamo ci debba essere anche e soprattutto un tempo legato alla relazionalità e ad attività culturali e spirituali.Parliamo in generale della difesa di diritti importanti della persona in un sistema di stili di vita che interessano ovviamente uomini e donne, ma anche strutture importanti come la famiglia.Per nostra abitudine sul piano della riflessione cerchiamo di puntare alla chiarezza, ma di muoverci sempre nella linea dell’ascolto e del confronto.Crediamo pertanto che nella direzione indicata di una grande qualità della vita vadano ricercate le possibili mediazioni tra le posizioni in campo sulla forma migliore di organizzazione del commercio nel Molise.Ci auguriamo che le considerazioni espresse servano a dare al commercio molisano un’immagine gradevole, una struttura efficace, una modernizzazione del sistema distributivo e soprattutto una dimensione umana. Ed allora il cammino delle audizioni delle categorie di cittadini ed amministratori interessati alla definizione della legge n. 135 deve allargarsi per esempio ai sindaci ed agli amministratori provinciali che non ci risulta siano stati sin qui convocati.Noi siamo convinti che una buona legge regionale sul commercio ha necessità di far crescere il confronto tra la popolazione, di chiamare alla responsabilità classe politica, operatori economici e cittadini in maniera da giungere alla definizione dei nodi controversi presenti nel progetto di legge con il massimo della partecipazione.Tutto però deve avvenire all’interno di un piano complessivo di riorganizzazione regionale del commercio che al momento francamente non intravediamo.Delinearlo è possibile e dev’essere un lavoro culturale e politico che anticipa e fonda l’approvazione della stessa legge n. 135 in consiglio regionale.

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